Editoriali

La sanità malata necessita d’interventi. Le cause e i rimedi

Le novelle legislative ultime, dalla Responsabilità, alle Dat e al riordino degli Ordini hanno segnato la linea Maginot della professione medica, attaccata da più parti e sacrificata sull’altare del “tutti insieme appassionatamente”, uniti nel task shifting, confusi nelle competenze più avanzate in altri ruoli, del verbo regionale e delle articolate argomentazioni sociologiche o filosofiche dei postulatori del cambiamento del paradigma medico e della sua scomparsa nel mare magnum delle professioni sanitarie. 

Una visione non fantasiosa, visto che la stessa legge 24/17 o responsabilità sanitaria (fu responsabilità medica” come in origine era titolata nella proposta Vargiu depositata al Senato) come era declinata ad opera della commissione Affari sociali, di cui era relatore il medico on. Gelli, al posto dell’atto medico sostenuto dall’Ordine di Parma e scritto nel CD all’art. 3, pur con un’appendice regionalista 

Studiata a tavolino e fatta passare in consiglio nazionale della Fnomceo in quel di Torino il 18 maggio 2014.

Il cosiddetto declino della professione medica

Senza esser disfattisti il non velato ridimensionamento del medico è stato sancito e, oserei dire scientemente voluto, dal mondo politico degli ultimi 3 anni con una serie di interventi che hanno avvalorato le politiche delle regioni centro italiane, o le gemelle rosse Toscana Emilia Romagna.

Regioni accomunate nel ridimensionamento medico e nel potenziamento delle funzioni mediche delle professioni sanitarie (see and treat e perimed118  e protocolli avanzati d’intervento) che hanno portato a situazioni anche conflittuali all’interno del SSN.

È cambiato l’approccio assistenziale con confusione fra cura e assistenza con richiami di esclusività d’interventi delle professioni divenute autoreferenziali, partendo dalla messa in discussione del ruolo e atto medico.

L’idea di far passare come il superamento dei limiti delle professioni l’integrazione fra competenze, alla luce di una leadership conquistata solo per competenze specifiche maturate e certificate dalle regioni ha portato a pensare che in sanità si possa risparmiare sul personale, garantendo le prestazioni anche se meno qualificate e senza il medico. Questo è un falso problema, perché una sanità senza medico non esiste e non può esistere, neanche utilizzando una figura che faccia quanto debba fare il medico, pur chiamandola con un nome diverso: chi fa ciò che fa il medico deve essere per forza un medico, con buona pace di tutti.

Come uscire dall’impasse?

Col convincimento che non si può prescindere dalle specificità e che il medico è insostituibile nella funzione medica. O anche per esteso dal riconoscimento del ruolo, delle competenze e delle responsabilità di ciascun componente del sistema, che sono indispensabili a garantire l’idoneo livello d’assistenza e di cura del cittadino. Come secondo fattore è la consapevolezza che non si può prescindere dall’organizzazione e dalla progettazionesanitaria

Che è poi alla base della situazione dei nostri giorni che vede coinvolti i pronto soccorso italiani indipendentemente dalla trascorsa emergenza influenzale – che, ad onor del vero, non ha inciso più di tanto su una situazione cristallizzata d’affanno e super lavoro dei medici e del personale nella quotidianità e sul burnout – dimostrano come ci siano sproporzioni nei carichi per carenza di persone e mezzi (ovvero organici insufficienti e letti al di sotto delle reali necessità cliniche). “Affrontare il burnoutrichiede effettivamente uno sforzo aggressivo e concertato di influenzatori chiave”: fa testo e luce il New England Journal of Medicine (Engl J Med 2018. Doi: 10.1056/NEJMp1716845; Engl J Med 2018. Doi: 10.1056/NEJMp1715127). 

Dunque, occorre partire dalla professione, rinnovata ed esclusiva.

Col considerare prioritariamente i presupposti della professione, forti di una visione strategica e univoca, quale volano di un rinnovato rapporto fra le professioni, medica e sanitarie, che sono diverse e complementari e che siano espressione dei ruoli, delle funzioni e delle, altrettanto differenti, responsabilitàAlla cui base sta una rinnovata formazione universitaria che non può essere che specifica, differente e differenziata

Questo è lo snodo su cui articolare i rimedi per arginare “il declino non tanto della professione medica quanto della sanità”: non è pensabile e non può esservi una sanità senza medico, con buona pace dei politici. Vanno bene le innovazioni ma non esageriamo: occorre dare spazio a soluzioni possibili e percorribili, chiamandole pure compossibili o co-compossibili ma anche necessarie, co-necessarie o co-co-necessarie –  per dirla con altro verso – ma forse lasciando perdere certi aggettivi che confondono e smarriscono il filo logico delle cose.  Ovvero semplificando ciò che si vuole rendere oltremodo complesso. 

Rimanendo in tema, non certo si pretende di trovare ogni soluzione come quella indicata dal dottor Purgone di Molière, che, alla fine dell’opera, aveva per il malato immaginario sempre pronto un rimedio e tutto si finiva ….  In un clistere che libera da ogni male.  E che oggi non può considerarsi certo una “bassa insinuazione” se necessario, senza per questo dover disquisire su ulteriori aspetti bio filosofici o social politici identificando dei cervellotici e non sempre validi rimedi. 

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