Editoriali

RIFORMA DEGLI ASSETTI LAVORATIVI? FORMAZIONE APPROPRIATA E NON DISSIDIO DI COMPETENZE E RESPONSABILITA’

Da tempo immemore ho segnalato, e in questo sono in buona compagnia, un problema: quello delle difficoltà d’arrivare ad un articolato delle professioni e delle azioni in sanità, che sia omogeneo e fruttuoso, senza che si arrivi a conflitti che oggi suonano piuttosto come fuori luogo e soprattutto improduttivi per noi stessi e per la collettività.

Bisogna dire con chiarezza che ci sono state e ci sono responsabilità politiche, soprattutto legate a miopia e a retorica del presunto rinnovamento in sanità, quando si fanno riforme degli assetti lavorativi escludendo senza ritegno il mondo medico dalla semplice consultazione, solo perché vi sono forze politiche, o partitiche per meglio dire, o forze sociali che premono. Ancor più perché non si ha il coraggio di “mettere mano con serenità e coerenza” al progetto di viluppo del settore principe della nazione, quello che ci riguarda, la salute.

Il primo nodo non è tanto il recriminare, come è stato detto più volte anche in consiglio nazionale della Federazione dei Medici, ma trovare un modus operandi coerente con scelte necessarie e corrette, nell’ambito dell’ assegnazione di ruoli e delle funzioni anch’essi coerenti con la preparazione specifica, con le competenze specifiche, da essa derivanti, ed anche da un piano formativo e professionale preciso e concordato, diffuso e accettato in tutto il territorio nazionale.

Il secondo nodo è uniformare e omogeneizzare le scelte regionali in tema di salute, cercando di produrre professionisti i cui interventi siano consoni proprio con la specificità della formazione. Senza dover attivare una lotta fra categorie per la supremazia del “comando”. Per due motivi semplicemente, perché non si tratta di comando, bensì di coordinamento di funzioni e di interventi da parte di chi abbia competenze e meriti; dall’altro di rendere operativo un settore che agisca in armonia e in complementarietà in modo da raggiungere , presto e bene, il risultato di salute. Valorizzando le diversità professionali e non certo escludendole.

Ma anche riconoscendo una scala di valori e di responsabilità che sono mutuate e limitate da altre responsabilità. In tema di salute è difatti sproporzionato e auto lesivo pensare che tutti possano e debbano essere autonomi assoluti, non dovendo rispondere se non a se stessi. Il concetto su cui mi soffermo spesso è proprio quello “delle autonomie di scala e delle responsabilità differenziate”, anch’esse di scala. Se no, il sistema si inceppa.

Perché, in fin dei conti, lo snodo cruciale è la crescita armonica e coerente delle professioni inserita in un piano di sviluppo che sia volto a valorizzarle senza che si creino semplicemente doppioni professionali, inutili, quanto costosi, in tema di risultati e di sicurezza per il paziente.

Non dissidio di competenze, dunque, ma competenze certe e appropriate.

Partendo dal presupposto che non si possono fare riforme escludendo i medici e neanche che si debbano fare leggi e leggine, che in un modo o nell’altro si prestino alle più svariate interpretazioni, che sovvertono d’emblèe gli equilibri preesistenti, si ritiene che oggi più che mai si debba arrivare a sedersi al tavolo delle rappresentatività con chiari due obiettivi: fare formazione omogenea e specifica, licenziare professionisti che siano competenti e altrettanto specifici nelle loro professioni.

Il campo d’intervento è pertanto politico, professionale e formativo e gli interlocutori sono i rispettivi rappresentanti. Un intervento oggi non più procrastinabile è quello della Riforma della Riforma della Riforma, recuperando aspetti importanti della 833/78, delle figure intermedie negli ospedali, abolendo la dirigenza, della nuova politica all’interno e all’esterno dell’ospedale, non solo per acutissimi con degenze brevissime, dei posti letto per i post acuti da stabilizzare, degli spedali periferici riattivati per le cronicità qualificate, delle case di accoglienza per i pazienti stabilizzati e non di stretta pertinenza sanitaria.

Sarebbe un’ironia della sorte, infatti, se dalla disamina dei re-ricoveri per i pazienti instabili, dalle gestioni della cronicità sul territorio e su tutto l’articolato degli interventi territoriali non si avessero le risposte sperate, non avvalorando lo sforzo finanziario con allocazione ivi delle risorse. Impegno per tutti: politici, sindacalisti, ordinisti, stakeholder.

Condividi articolo