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Interpellanza a seguito del quesito Omceo Parma sulla questione di chi abbia titolarità alla certificazione dei soggetti fragili

L’OMCEO DI PARMA SI FA PARTE ATTIVA PER AVERE DELUCIDAZIONI E SPIEGAZIONI COI MINISTERI E GLI ENTI DELLO STATO COINVOLTI NELLE PROCEDURE ATTINENTI LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ MEDICA IN CORSO D’EPIDEMIA


 

INTERPELLANZA del 10 4 2020

FW: gli stessi ordini, con senso di responsabilità, hanno chiesto a tutti i medici la massima collaborazione e attenzione ai pazienti fragili, senza essere però in grado di dare risposte certe ai loro iscritti, che rischiano anche denunce per omissione…

 

TARICCOD’ARIENZOSTEFANOD’ALFONSOBOLDRINIFEDELIASTORREROJCLAUSGIACOBBEFERRAZZIIORIRAMPIMESSINA Assuntela 

– Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Premesso che:

in situazione di emergenza epidemica da COVID-19 pazienti con patologia cronica o immunodepressi ma asintomatici, sono da ritenere a maggior rischio di contrarre infezione, per cui ad essi dovrebbe essere dedicata la massima attenzione nella prevenzione;

il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, all’articolo 26, rubricato “Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato”, al comma 2, recita: «Fino al 30 aprile ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio prescritto “dalle competenti autorità sanitarie”, è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9»;

rilevato che:

l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in merito all’applicazione del citato articolo 26, segnalava al Ministero della salute e alla stessa INPS, l’importante problematica applicativa della norma contenuta nel decreto “Cura Italia”, specificamente rivolta a persone con disabilità o con fragilità, per i dubbi interpretativi riguardanti i “competenti organi medico legali”, le figure preposte a rilasciare la certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita;

lo stesso Ufficio sottolineava la rilevanza e l’urgenza di chiarire che sono organi abilitati a certificare la condizione di cui all’articolo 26, comma 2, sia i medici preposti ai servizi di medicina generale (cosiddetti medici di base), che i medici convenzionati con il S.S.N (ai sensi dell’articolo 30 accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992), la cui qualificazione giuridica è largamente riconosciuta;

considerato che:

sarebbe necessario definire un codice specifico da attribuire a queste persone, non essendo queste portatrici di una malattia acuta, ma di una condizione di rischio dovuta alla fragilità per le patologie pregresse che implicherebbe la messa a riposo, equiparando di fatto la loro situazione a malattia; questo senza precise indicazioni, per non rischiare di portare i medici preposti ai servizi di medicina generale a rischio di falso in atto pubblico, dichiarando come una malattia quella che è invece una condizione oggetto di tutela da parte dello stesso decreto 17 marzo 2020, n. 18, ma non è malattia;

purtroppo ad oggi nessun chiarimento ufficiale risulta essere stato fornito. Questo sta creando profondo disagio in un momento nel quale servirebbero invece certezze e punti fermi. Inoltre, in tal modo diventa più gravoso il lavoro degli operatori sanitari sul territorio che vengono così esposti ad ulteriori rischi;

gli stessi ordini, con senso di responsabilità, hanno chiesto a tutti i medici la massima collaborazione e attenzione ai pazienti fragili, senza essere però in grado di dare risposte certe ai loro iscritti, che rischiano anche denunce per omissione di atti d’ufficio, con tutte le conseguenze che ne possono derivare;

sulla questione la direzione generale INPS di Bologna, con provvedimento poi condiviso, a quanto risulta, da altre realtà dell’Emilia-Romagna, avrebbe deciso di accettare: “certificati di malattia in casi simili, da identificare col codice V07 (persone con necessità di isolamento, altri rischi potenziali di malattie e misure profilattiche), specificando che in aggiunta al suddetto codice andrà specificato in campo diagnosi la patologia cronica associata o la causa di immunodepressione”; l’esistenza del codice non sarebbe invece confermata dalla Direzione generale dell’INPS di Roma;

la responsabile del Servizio medico competente dell’ASL Città di Torino, congiuntamente al direttore SC Prevenzione e Protezione e al commissario della stessa ASL, con un avviso a tutto il personale il 17 marzo 2020 avrebbero dato la disposizione aziendale a tutte le persone affette da patologie croniche e con multi morbilità, ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dei casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza interpersonale di almeno 1 metro. Si invitano, inoltre, i dipendenti nelle suddette situazioni a contattare il proprio medico curante per valutare la possibilità di redigere un certificato di malattia con specifico codice V07, dandone comunicazione al servizio medico competente dell’azienda;

il Dipartimento di Prevenzione Servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro – SPRESAL di Cuneo il 31 marzo 2020 scriveva che sono organi abilitati a certificare la condizione di cui all’ articolo 26, comma 2, sia i medici preposti ai servizi di medicina generale, che i medici convenzionati con il S.S.N.;

nei giorni scorsi la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, commentando la circolare “Applicazione articolo 26 Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 “Cura Italia”, che individuava nella figura del medico di Medicina generale le “competenti autorità sanitarie”, che sarebbero “organi abilitati a certificare la condizione sia i medici preposti ai servizi di Medicina Generale (c.d. medici di base), che i medici convenzionati con il SSN”, affermava che detta interpretazione se pur autorevole, stesse destando molte perplessità all’interno della categoria professionale medica, lasciando il dubbio che dette certificazioni “attestanti una condizione di rischio” (e non solo una malattia) non sarebbero “necessarie e sufficienti per la definizione dello stato di fragilità”. La Federazione, che agisce quale organo sussidiario dello Stato, al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale, affermava in conclusione che: “l’assenza dal servizio di chi rientra nelle fattispecie previste dalla Legge 104/92 deve essere prescritta dalle “competenti autorità sanitarie”, tra cui non rientra il medico di medicina generale, che non può essere assimilato alle stesse”,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga urgente chiarire, direttamente o tramite l’INPS e, comunque, in modo formale, netto e definitivo chi siano le “competenti autorità sanitarie”, indicate nell’articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e quale sia, conseguentemente, la procedura da adottare.

STORICO

OMCEO BOLOGNA: INPS – COMUNICATO URGENTE PER CERTIFICAZIONE MEDICA IN EMERGENZA COVID 19

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