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Il diritto all’oblio oncologico e il diritto all’oblio previsto dall’art. 17 del GDPR: punti di contatto e differenze

Il 5 dicembre scorso sono state definitivamente approvate le “disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche”, la cui funzione è quella di introdurre misure volte ad assicurare che alla guarigione clinica della persona corrisponda la possibilità per la stessa di accedere, senza forme di pregiudizio, a servizi finanziari, bancari e assicurativi, nonché alle procedure di adozione di minori, oltre che a quelle concorsuali e selettive per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Le predette disposizioni definiscono il diritto all’oblio come il diritto delle persone guarite da una malattia oncologica di non fornire informazioni né di essere oggetto di indagini sulla propria pregressa condizione patologica.

In altri termini il diritto all’oblio oncologico è stato strutturato dal legislatore come il diritto del soggetto guarito da malattia oncologia ad essere dimenticato come “paziente” per assicurargli parità di accesso, di opportunità, di reintegro nella società e nel mondo del lavoro.

Del diritto all’oblio si occupa, però, anche l’art.17 del GDPR rendendosi, pertanto, necessario approfondire se il diritto ad omettere informazioni sulla propria pregressa storia clinica coincide, totalmente o parzialmente, con il diritto di chiedere la cancellazione dei dati personali previsto dalla normativa europea in materia di privacy.

Una coincidenza fra questi due diritti può rinvenirsi solo per quanto riguarda l’oggetto della loro tutela.

Entrambi, infatti, sono posti a presidio della libertà e dell’identità personale di ciascun individuo di scegliere, in un caso, se e quali dati riguardanti la propria sfera personale e sanitaria comunicare a soggetti terzi e nell’altro caso di richiederne la cancellazione al ricorrere di condizioni tassativamente indicate da legislatore.

Sussistono, però, anche delle divergenze fra questi due istituti mentre, infatti, il diritto all’oblio previsto dall’art. 17 del GDPR richiede la cooperazione attiva del titolare del trattamento che deve provvedere alla cancellazione dei dati dell’interessato senza ingiustificato ritardo, il diritto ad “essere dimenticati come pazienti” può essere autonomamente tutelato da parte del soggetto interessato configurandosi come un mero obbligo di astensione, gravante su soggetti terzi che non sono i “titolari naturali” del trattamento,  dal richiedere informazioni su sue pregresse patologie al momento della stipula di un contratto, o della presentazione di una domanda di affido o adozione di minori o della partecipazione ad una selezione lavorativa.

Da tali differenze può desumersi che lo strumento previsto dall’art. 17 GDPR non era e non è idoneo a soddisfare l’interesse dell’ex malato di non dichiarare i dati relativi alla sua pregressa patologia, il cui fine ultimo non è quello di richiedere ed ottenere una cancellazione delle proprie informazioni sanitarie ma, di evitarne a priori l’utilizzazione da parte di soggetti operanti in specifici settori.

In tale contesto, pertanto, le nuove disposizioni sull’oblio oncologico non possono che essere accolte con grande favore fornendo agli ex malati uno strumento ad hoc per tutelare loro libertà individuale che oggi si basa su di una nuova “cultura della guarigione”, nella quale il superamento di una patologia così grave come quella oncologica non equivale più a una doppia condanna che si protrae anche per tutta la vita ma, rappresenta il traguardo di una nuova normalità.

Avv. Barbara Ponzi

D.P.O Ordine dei Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Parma

 

Immagine di Freepik

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