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In piena epidemia da Coronavirus, “Lettera aperta a tutti i medici”

Gentili Colleghi,

nel salutarvi, vi chiedo innanzitutto il sacrificio  di leggere questa non breve “lettera aperta”.

Qualche giorno orsono, nel coordinamento degli interventi, ho inviato una comunicazione, in una prima fase ad alcune categorie di medici che operano nella quotidianità sul territorio, in cui si portava a conoscenza d’aver istituito una mail, emergenzacovid@omceopr.it, che raccogliesse le istanze e le criticità nell’attuale situazione epidemica.

E-mail che si rende ora disponibile per tutti i medici. Le segnalazioni ricevute, cui si risponderà collegialmente (a parte quelle situazioni particolari e specifiche che meritano una risposta personale), saranno utili per contribuire al miglioramento degli interventi.

Le segnalazioni pervenute per iscritto, come pure quelle telefoniche o gli invii di considerazioni che vengono fatte nei social, ci hanno finora offerto una serie di rilievi che già stati portati all’attenzione dell’organismo preposto alla gestione dell’epidemia, di cui anche quest’Ordine fa parte.

La situazione, come anche molti di voi segnalano, è difficile e delicata. Ci sono oggettive difficoltà, per cui ora è più che mai necessario avere spirito collaborativo e costruttivo.

Vi sono arrivate ulteriori disposizioni aziendali sull’uso dei KIT messi a disposizione che chiariscono alcuni dei problemi denunciati, come pure avete appreso delle modalità di accesso facilitato per le consulenze pneumologiche e radiologiche in ospedale, come da molti di voi richiesto.

Vi assicuro che per tanti aspetti si sta cercando di risolvere i problemi oggettivi, che spesso sono legati a situazioni non prevedibili, ad esempio, come nei giorni scorsi, l’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

Molte delle difficoltà in ambito clinico derivano dal fatto che l’epidemia ci sta offrendo un quadro sintomatologico variegato, spesso con manifestazioni modeste, atipiche, con impatto sanitario e sociale particolarmente alto, a conferma della diffusibilità elevata del virus, con gli ovvi risvolti anche sui medici che operano nel quotidiano.

Ho appreso di situazione delicate di gestione individuale delle problematiche non sempre consone: sono segnalati comportamenti individuali non in linea con quanto stabilito dalle indicazioni ministeriali, regionali ed aziendali, come pure delle difficoltà di interlocuzione coi vari “soggetti” preposti in ambito di sanità pubblica.

Ci sono state difficoltà oggettive di comunicazione legate anche, e non solo, all’organizzazione e dobbiamo comprendere che l’entità del fenomeno epidemico sta mettendo a dura prova il sistema e i nostri colleghi che sono anche loro impegnati su vari fronti e fanno più cose contemporaneamente.

Siamo perciò chiamati ad un impegno ancora maggiore perché la situazione è progressivamente ingravescente e i medici sono in diverso modo sottoposti ad uno stress lavorativo costante ed oltremodo elevato, al di là delle prime previsioni epidemiologiche, o meglio, in linea con quelle più severe e meno positive.

Alla luce di tutto ciò vi devo chiedere una riflessione matura sulla situazione in cui tutti noi, dal primo all’ultimo nelle diverse funzioni e situazioni, dobbiamo essere “medici a tutto tondo”, ricordandoci quale è la nostra missione, a tutela della salute collettiva e di aiuto a chi stia male e versi in cattiva salute.

Il medico agisce e fa sempre la sua parte, quale “pedina fondamentale” nello scacchiere degli interventi ed ogni suo atto ha un obiettivo ed una ovvia conseguenza sul piano della cura e, nel caso attuale, nella limitazione della diffusione dell’epidemia.

Siamo sottomessi all’urgenza per la diffusione del virus COVID-19, con quadri più aggressivi rispetto ad altre epidemie dei decenni precedenti, per cui dobbiamo considerare questo come momento di coesione di noi medici, pensando che ogni nostra azione avrà un riverbero sul sistema di gestione delle acuzie e soprattutto nella progressione della malattia virale.

È tempo di agire considerando critico il momento sanitario nella nostra nazione. Contenere il contagio è in nostro obiettivo, ma non prescinde dall’agire per una diagnosi e per la cura anche dei casi più semplici, consci che le complicanze “silenti” sono più frequenti di quanto si pensi.

Per questo non possiamo esimerci di visitare i nostri pazienti, pur con tutte le cautele del caso, perché non possiamo snaturare il nostro essere medici, secondo i principi, etici e sociali, che sottendono la nostra professione.

Si è tutti in trincea, ma ci sono, fra noi, quelli più in prima linea. Tutti siamo impegnati e non ci tiriamo certo indietro: in particolare i medici del territorio e quelli ospedalieri, che vivono nel “collettore dell’acuzie epidemica”, particolarmente esposti all’emergenza del COVID-19 ed al contagio, per quanto attenti ad ogni prevenzione.

L’Ospedale e i nostri colleghi soprattutto, ma certo tralasciare le professioni sanitarie che collaborano con noi nel quotidiano, sono in una situazione di costante sollecitazione e sono chiamati ad un crescente impegno per l’afflusso massiccio dei pazienti.

Gli interventi sono quotidiani e lo vediamo nell’individuazione di nuovi spazi nel nostro nosocomio maggiore in cui allocare nuovi posti letto, ampliando il numero di quelli presenti, sia nella degenza assistita che nella terapia intensiva e, ancor prima, per dare risposta immediata alle necessità dei nostri Pronto soccorso.

Dobbiamo essere consapevoli che ogni nostra azione, pur importante, è una parte di quanto tutti fanno in questo momento difficile, e di quanto tutti i nostri medici impegnati in prima linea all’interno ed all’esterno degli ospedali stanno portando avanti con abnegazione, pur sottoposti a tensioni elevate, perché la situazione, semmai non si fosse compreso, è delicata e richiede un comportamento coerente coll’agire competente in senso etico e deontologico.

Principi a cui tutti siamo chiamati, medici del territorio, dell’ospedale, e anche coloro che nell’emergenza epidemica sono ai margini e meno esposti, a cui è richiesta collaborazione e non certo l’astensione dal farlo, agendo con senso di responsabilità, ognuno facendo la propria parte.

Occorre essere del gruppo, lavorare in gruppo e per il gruppo, operando per il bene di tutti, ciascuno nei propri ambiti, tendendo sempre la mano a chi ha bisogno.

Chi fa il medico, se tale si consideri, agisce come medico, cercando di risolvere i problemi nella difficoltà sapendo che chi vi rappresenta sta lavorando perché possiate avere tutte le tutele professionali.

Allo stesso momento non mi stanco di elogiare e ringraziare quanti, nella stragrande maggioranza, pur agendo nelle difficoltà, stanno dando della figura del medico la migliore rappresentazione della professione, alta, che impersonano.

Con questo sentimento vi saluto nella vicinanza

Pierantonio Muzzetto

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