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Lettera aperta a tutti gli iscritti: il Presidente Muzzetto commenta la morte di Papa Francesco

Il Presidente, addolorato per la scomparsa del Santo Padre avvenuta nella giornata di ieri, si è rivolto a tutti gli iscritti tramite una lettera aperta:

 

Quale significato la morte di un Papa, così umile e così grande da non lasciare indifferenti le coscienza di chi crede e chi non crede?

Tante manifestazioni di dolore, di partecipazione alla scomparsa del Santo padre si succedono da ieri mattina. Quante frasi importanti dette da molti, in cuor loro con parole, ci si aspetta, sentite e certamente vere.

Seguendo l’insegnamento di questo Papa, per certo verso scomodo, ma così importante per le coscienze, si è sollecitati a guardarsi dentro, col valutare le incongruenze del proprio credere e del proprio vivere, per far sì che quelle parole siano germoglio di atti ispirati e concreti.

Con atteggiamento che vuol essere lontano da ogni critica vuota che, altrimenti, avvicina alla metafora dei sepolcri imbiancati e che, troppo spesso, vediamo rappresentati inconsapevolmente anche in noi stessi; per atti e pensieri quando, forti dei propri interessi e particolarità, ciascuno li fa prevalere a discapito degli altri.

Situazioni che, a ben vedere, sono lontane da quelle stesse parole che oggi pronunciamo con convincimento. E il messaggio “vivo” che ci viene dato da questo Papa forte, pur nella debolezza e nella fragilità della malattia, ci porta a riconoscere quel suo essere prim’ancora uomo, che il gesuita giunto al soglio Pontificio. Un uomo, un Papa, talvolta dall’espressione ruvida, ma mai lontana dal vero significato di indirizzo che si riassume nel suo Magistero.

Sublimato nella sua debolezza per il male fisico, non ha mai fatto mancare il suo messaggio di speranza, di onestà e giustizia per la resipiscenza.  Due parole che impersonano il significato del vivere cristiano e che devono essere alla base della vita quotidiana, fra essere umani e civili ancor prima che seguaci della Chiesa di Cristo, posti di fronte al suo messaggio e alla contraddizione del proprio vivere.

Quale il messaggio grande che ci lascia, nella immediatezza della sua scomparsa se non, forse, il perdono e la comprensione dell’altro che non sempre agisce secondo le regole, non solo del cristianesimo.

Una forza nelle sue parole flebili della benedizione Urbi et Orbi che fanno eco, forte e profondo, al messaggio di Pasqua, preludio di un addio sentito, oggi potremmo dire, ma frutto dello sprone continuo ad avviare un processo di revisione di vita, di acquisizione di coscienza e di consapevolezza dei doveri prim’ancora dei diritti, della disponibilità e del servizio verso gli altri.

Andando al massaggio, proprio perché cristiano, si rivolge a tutti, credenti e non credenti, chiamati ad una vita all’insegna dell’etica, dei valori condivisi e imperituri, lasciando da parte il particolare delle proprie credenze e dei propri vantaggi a discapito altrui, verso un’apertura al servizio vero, ecumenico.

Un atteggiamento di consapevolezza delle cause comuni e anche delle particolarità dei bisogni, con quel servizio, silenzioso ed efficace, che accomuna il credente al non credente nel bisogno. Che ci richiama  e riporta anche al nostro essere medici, troppo spesso proni ad interessi “di bottega”, di volontà estranee, di pratiche non sempre lodevoli.

È ancora una volta l’occasione, all’atto della sua scomparsa, di rileggere il suo ultimo discorso. Come occasione preziosa per riconoscerne la profondità e il chiaro intento, non tanto sottinteso, di una personale revisione di vita, vera e duratura, all’insegna dei principi che ispirano la socialità e la medicina applicata.

Per noi medici, infatti, è forte il richiamo nella professione. Col lasciare da parte pensieri malevoli, considerazioni personali o prodighe critiche altrui; sollecitati a interpretare la professione come servizio e non strumento per fare danaro; per isolare i propri bisogni anteponendovi quelli altrui.

Avvertendo di non desistere dal fare e dall’assistere la persona bisognosa al primo contrasto; di non allontanare chi spesso è pressante nel richiedere risposte immediate di salute, anche quando non del tutto motivate. O mostrando indifferenza verso i nostri vecchi bisognosi di cure e di gesti di umanità e vicinanza, talvolta, allontanandoli con giustificazioni non sempre etiche.

È però vero che la nostra non sia una professione facile. Lo ha riconosciuto questo Papa nel ringraziare medici e collaboratori durante la sua degenza al Gemelli.

Allora il massaggio di questo Papa, per certo verso scomodo, ma non per questo non grande, ci pone di fronte ad un esame di coscienza, dal sapore non solo confessionale ma prettamente laico: cosicché, ripensando a noi stessi nel modo di porsi nei confronti degli altri, ci induce a considerare se il nostro essere medici risponda davvero alla missione che abbiamo scelto. O a rivestire quel ruolo che diventa regola di vita e non copione di una recita a “soggetto”. Il cui richiamo è ad essere veri medici.

Essere cristiani o essere, e vivere, nella laicità del servizio e nella disponibilità ci induce alla semplice considerazione di come tutto ciò rappresenti il vivere eticamente la professione. Mettendo in pratica nel quotidiano i principi che la ritmano e che sono raccolti nel nostro Codice deontologico, troppo spesso dimenticato, se non sconosciuto.

Un codice da rinvigorire e da considerare nel quotidiano; da valutare quando ci raccomanda la comunicazione e la considerazione verso la persona debole e fragile;  e quanto la parola sia “terapia” e non solo una formalità di supposto conforto. Anche perché proprio con una parola si ottengono tanti risultati sul piano umano e su quello medico oggi carente se non proprio ritenuta inutile.

Questo ci lascia quest’Uomo scomodo. Realista nella sua funzione Mistica e Alta, con un vuoto che può che essere colmato dal suo insegnamento Magistrale e fondamentale. Per tutti, laici, credenti e non credenti. Ha parlato ma anche ha agito sulle coscienze, proprio come ogni medico ha l’obbligo di fare, capendo il significato che quello del medico non è solo “un mestiere”“.

 

 

Qui l’allegato della lettera del Presidente dell’Omceo di Parma e Presidente uscente del CND, scritta già durante la mattinata di ieri, in data 21 Aprile:

Lettera aperta agli iscritti del Presidente Muzzetto

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