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La proposta di legge sulla supposta immunità medica e gli emendamenti pro Aziende: di male in peggio Il Presidente Muzzetto: “Scudo alle amministrazioni pubbliche e francobollo al medico: è crudele irrispettoso”.

Gli emendamenti per la conversione in legge del DL 18/2020, “Cura Italia”, se volevano ottenere qualcosa, qualcosa l’hanno ottenuto: non hanno colto nel segno ma hanno deluso e irritato, usando termini di umana convenienza, e mortificato una categoria allo stremo in molte parti d’Italia, e non inducono certo a dimenticare. E i medici italiani non dimenticano. Non possono dimenticare quegli emendamenti che hanno presentato gli esponenti della maggioranza e della minoranza, quelli che hanno poi ritirato e magari ripresenteranno in Parlamento. Non dimenticano e non dimenticheranno che si è considerato il medico una vittima sacrificale mandato al fronte senza equipaggiamento, facendo leva sul sentire il valore antico della professione, nel valore immutata da oltre due millenni di storia. Per colpa di scelte scellerate proprio i medici diventano il pericolo più grande mettendo a rischio i nostri pazienti più fragili, ed è un paradosso che da artefici di salute e vita diventino strumenti di perpetuazione di malattia. Non si può dimenticare, in questo momento difficile che non si è fatto nulla per cercare di tutelarli e tutelare gli altri: esponendoli alla malattia senza protezioni e non proteggendoli non si è protetto il cittadino e la collettività. Di fronte al curare e prestare assistenza si è dimostrata incapacità e cinismo nel sacrificare chi poteva, ed ha potuto con modesti aiuti, creare un argine all’epidemia, alle complicanze ed alla morte, non valutando il rischio di perdere i medici per curare il prossimo.

È prevalsa l’insensibilità. Di una vasta parte politica che è riuscita a far mancare un vero sostegno concreto ad una categoria in prima linea e provata da una serie di inadempienze organizzative. Anche in questa fase di conversione del decreto Cura Italia. Mancavano le mascherine e le tute: non si è riconvertita l’industria a produrle. Si è parlato di essere in guerra, per quanto atipica di guerra si tratta, ma non si sono usate le leggi di guerra.

Proprio in questa situazione è mancata la solidale e concreta risposta dalle Istituzioni che hanno peccato gravemente nel non tutelare gli operatori con responsabilità a cascata, dall’alto al basso della catena di comando. Pur a fronte di illuminati amministratori, forse non tanti, e con altri che si sarebbe voluto avere a fianco nel richiedere sicurezza e protezione per i medici, gli infermieri e il personale sanitario impegnato a combattere la guerra contro il virus.

Con amarezza constatiamo ancora una volta d’essere considerati eroi, eroi di carta, da tabloid, quando sarebbe stato più semplice riconoscerci come “medici” e con ciò riconoscendo il valore dell’essere persone con funzione speciale, alta, nella società. Con riconoscimento del dovuto. Invece i fatti hanno dimostrato il contrario, considerati ancora una volta una “voce di spesa”, come lo è stata fino ad oggi la medicina di cui si è espressione ed artefici, declassata e sottratta, derubata di risorse e di considerazione.

In questa grave emergenza, come se non bastasse, mortificata dalla Ragioneria dello Stato che, posta di fronte all’autorizzazione della fornitura di dispositivi di sicurezza per i medici territoriali, l’ha bloccata in assenza di un giustificativo di spesa. Ovvero, si legge che nel rinviare il parere del ministero della Salute si è espressa in maniera contraria per la mancanza di una relazione tecnica utile a quantificare gli oneri finanziari prodotti da questa modifica. Una follia burocratica di fronte alla gravità e all’emergenza del momento che richiede di avere immediatamente mezzi a disposizione: si pretende resipiscenza. Uno sfregio che mortifica e vanifica il sacrificio di migliaia di medici e personale sanitario, infettati per mancanza di dotazioni semplici ma indispensabili, considerando l’alto tributo pagato in particolare dai medici con la propria vita o con serie complicanza dopo aver contratto la malattia. Che fa il paio con lo stato di preoccupazione in relazione ad una strisciante propaganda risarcitoria qualora si attivasse un contenzioso da parte di pazienti e familiari per aver contratto infezioni ospedaliere, senza il pudore di tacere anche in questa fase d’epidemia, da Coronavirus.

Per di più, si propongono emendamenti al DL18/2020 di moratoria per chi gestisce la sanità per possibili danni derivanti agli operatori per la mancanza di protezione (DPI) e per limitare quel contenzioso medico di cui si vedono chiaramente le avvisaglie da parte di solerti figure e organizzazioni all’insegna dell’errore medico o della contrazione di malattie ospedaliere, anche in epidemia.

Emendamenti presentati della maggioranza e della minoranza, soprattutto relativi agli artt. 5 e 1 sui dispositivi e sulla responsabilità medica. Ha indispettito un ipotetico scudo, una vera moratoria per gli amministratori in caso di danno procurato da mancata fornitura agli operatori di protezioni adeguate, e una moratoria, per carità ridotta, e non certo scudo ma semplicemente un “francobollo”, al di fuori della colpa grave per quanto fatto in emergenza epidemica dai medici.

Alla sostanziale, ipotizzata, immunità per le strutture sanitarie e per danni agli operatori, e ci si augura che l’emendamento non venga in diversa forma più riproposto, si contrappone una volontà di trovare un esimente per l’operato dei medici, pur limitandola al solo periodo della durata epidemica, che tenga conto del livello d’esperienza, di specializzazione e dei materiali disponibili.

Nel leggere fra le righe degli emendamenti, più o meno definiti “equilibrati” dovendo pensare che taluni tali non siano, ci si riporta al concetto di colpa grave e al rispetto di LG e protocolli, seppur invocate in periodo emergenziale, ovvero all’applicazione della legge 24/17. Il vero problema per il medico non è solo l’esimente bensì il dopo: chiamato in causa a posteriori, magari dopo che si sia dimenticato l’oggi e quello che si sta facendo, quando si farà riferimento ai trattamenti attuati che sono stati legati ad empirismo clinico, ma non certo a validati da studi scientifici, che non esistono in questa novella fase pandemica, il giudizio sarà lasciato al pubblico ministero. Un’incognita nell’incognita. Un danno ed una beffa.

In sostanza, i proponenti, che, come detto, sono esponenti delle forze di Governo e d’Opposizione, mirano a non dare responsabilità penale, civile ed erariale agli amministratori pubblici, ma, guarda caso, verso coloro che pur chiamano eroi non fanno quel passo necessario per adeguarsi alle nazioni civili col depenalizzare l’ipotetico errore medico non solo al di fuori della fase epidemica. Quando bastava un solo comma: al di fuori del dolo e della colpa grave al medico nella sua attività svolta in scienza e coscienza non si applica l’art. 590 sexies. Il sentore è che, dopo l’epidemia, tutto tornerà come prima, alla norma e si continuerà a penalizzare una professione, quella stessa oggi considerata alta, ma la meno pagata in Europa e troppo a lungo imputata, a torto, di essere causa di malasanità e terminale di una bieca e inaccettabile violenza.

A poco vale come esimente che ogni prestazione è eseguita in stato di emergenza per vera necessità, limitando la copertura ai soli casi in cui non vi sia dolo o colpa grave. Non vi sono sostanziali protezioni, ma si rimane con la spada di Damocle che qualche perito possa sconfessare talune procedure seguite, o confutare l’uso di strumenti non validati sebbene funzionali a salvare delle vite umane, per quanto codificate in emergenza da protocolli e Lg. Una contraddizione nella contraddizione. Cosa ci saremmo aspettati? Che per dovere e responsabilità la parte amministrativa e gestionale, centrale e in vari casi locale, avesse provveduto all’approvvigionamento e distribuzione di DPI, in sua carenza il Governo avesse provveduto, per stato di necessità come poteva essere in suo potere, alla riconversione di aziende alla produzione di DPI: di questo il mondo politico e gestionale dovrà pur rendere conto. Come pure non può dimenticare la responsabilità d’aver reso paradossalmente i medici non solo unti e potenzialmente ammalati, bensì propagatori, quali untori, mettendo a rischio i pazienti anche più fragili, per colpa di scelte insulse e improvvide così d’averli fatti diventare un pericolo per la collettività.

Altroché dipingere i medici come eroi.

Duole dirlo, ma invece di proteggere chi è sul campo a combattere la malattia virale e dare sicurezza e protezione a chi stia male, senz’armi o con armi spuntate, il Sistema, al contrario, s’affanna a strutturare normative che proteggano le scelte amministrative a danno di chi rischia sul piano del contenimento dell’epidemia, che non ha certo bisogno di riconoscimenti sulla carta o di proclami e belle parole. Dicendo di voler tutelare i medici di fatto oggi il Sistema li si sta punendo, ancora una volta punendo senza motivo, con irriconoscenza. Che giustifica chi produce carta e comunicati ma non fa niente per attuare quanto in essi viene stabilito e valorizzare e curare con attenzione chi sta “facendo il proprio dovere in silenzio” fino a donare la propria vita pur di fare del bene alla collettività. Per questo ogn’altra cosa equivale solo a dire e a scrivere di fare per lasciare le cose come stanno e, per qualcuno, per proteggere se stessi. Che brutta figura. Quale il rimedio? Siamo davvero arrivati al colmo, perciò ritirare gli emendamenti che riguardano la sanità e si renda giustizia e protezione duratura ai medici e a coloro che con loro cooperano con abnegazione e dedizione in questa fase critica. Senza chiamarli più eroi ma considerandoli per quel che sono e quel che fanno, una volta tanto rispettandoli.

Il Presidente Pierantonio Muzzetto

 

Comunicato Omceo Parma Emendamenti ingiusti vs medici

 

Comunicato congiunto del 5 aprile 2020 Ordini chiedono ritiro emendamenti.

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