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Lettera aperta del Presidente a tutti i medici

Dopo una parentesi personale di salute – ho trascorso in TSI un non breve periodo, a causa della malattia acuta contratta sul campo in questa pandemia Covid 19 – ho rivaluto coralmente alcuni aspetti frutto di segnalazioni fattemi.  Per cui ritengo, superata la fase critica, di dover procedere ad un ragionamento a tutto campo con tutti voi, medici di Parma.

Atti di sospensione professionale di tipo amministrativo e ruolo dell’Ordine come Ente pubblico sussidiario dello Stato

Certe situazioni che mi vengono rappresentate dimostrano come ancor oggi non sia chiaro il particolare periodo in cui da due anni ci troviamo. In ambito sanitario si procede di fatto ad una decretazione d’emergenza da parte governativa con tutte le implicazioni del caso. E’ in questa logica che si inseriscono i provvedimenti in ambito pandemico, nei confronti dei medici non ottemperanti agli obblighi vaccinali, con conseguenti provvedimenti sanzionatori previsti per Legge.

L’esecutività degli stessi – ovvero degli atti intrapresi in questi mesi con i provvedimenti di sospensione amministrativa dalla professione – è stata, sempre per mandato legislativo e ministeriale, assegnata e delegata agli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, nella loro veste di Pubblica Amministrazione e, dunque, di Organismo sussidiario dello Stato. Aspetto non secondario che ciascun iscritto deve tenere in giusto conto nei modi e nei contenuti con cui si rivolge al proprio Ordine.

E’ evidente la necessità di evitare inutili quanto improprie segnalazioni, manifestazioni d’insofferenza o espressioni sopra le righe  da parte di taluni iscritti e dei loro avvocati, e, soprattutto, di richiamarsi alla moderazione e al rispetto di funzioni, risparmiando atteggiamenti che poi costringono ad una valutazione disciplinare o, qualora si ravvisassero espressioni purtroppo ingiuriose o diffamatorie, a una diversa considerazione nelle sedi appropriate, non più solo disciplinari od ordinistiche.

La lettera sul Giornale locale sull’operato dei MMG e i richiami deontologici

Nelle scorse settimane ho letto alcune lettere di Mmg, e una di particolare tenore perentorio da parte di un collega, per richiamare deontologicamente l’Ordine (con tanto di citazione, per iscritto, degli articoli del Codice di deontologia medica che lo prevederebbero) ad un intervento in difesa dei medici di famiglia, citati inopportunamente e in modo polemico in una lettera sul quotidiano locale.

Sono stato altresì portato a conoscenza di un “moto di insofferenza da parte di giovani colleghi della medicina generale” che si considerano sovraesposti alle critiche e richiedono tutela ed una difesa ordinistica.

A questo riguardo vorrei tranquillizzare i colleghi estensori e firmatari delle lettere citate e, in particolar modo il più solerte, che buona parte di quegli articoli del Codice, quest’Ordine e il suo Presidente, ben li conoscono e li applicano, peraltro avendoli anche materialmente scritti, sia direttamente sia collegialmente nell’ambito della Consulta Deontologica Nazionale.

L’augurio vero è che tutti coloro che spesso li citano non solo li conoscano, ma ne facciano traccia e fondamento del loro agire quotidiano, nella prassi e nei rapporti coi pazienti, con e fra i colleghi, nella collegialità e colleganza e nel rispetto individuale e collettivo e, soprattutto, nei confronti dell’Istituzione Ordinistica e chi li rappresenta.

A queste voci e a questi scritti, l’Ordine risponde pubblicamente secondo una prassi deontologicamente corretta.

La solitudine nella quotidianità di cui alcuni medici hanno sentore non è affatto una costante e l’atteggiamento non può essere di autoesclusione dalla vita professionale ed ordinistica.

Da tempo è stato detto e scritto che le porte dell’Ordine sono aperte alle istanze degli iscritti e che l’informazione e la conoscenza puntuale dei problemi consentono, a chi ne sia preposto, di intervenire prontamente ed efficacemente nelle sedi opportune.

Le sedi di tutela, infatti, non sono quelle del giornale o dei social ma altre, ed è compito dell’Ordine individuare le strade più adeguate e percorribili affinché ogni atto sia finalizzato al conseguimento di un risultato efficace e duraturo. Ai giovani faccio ancora un appello a portare direttamente le loro istanza alla mia persona ma anche a fare proposte e dare disponibilità ad agire: da anni questa richiesta cade nel vuoto, per cui il mio è un invito pressante che porto a conoscenza dell’intera comunità medica di Parma.

Quest’Ordine non ama le polemiche men che meno la delazione. È in ascolto attivo ma per averne efficacia è necessario che ci sia una parola altrettanto attiva: occorre comunicare.

Si chiede collaborazione a tutti gli iscritti perché si abbiano comportamenti che non siano viatici di continue e pressanti segnalazioni dei cittadini, d’altra parte non sarà certo una virgola mal posta a rendere incomprensibile un intero pensiero, stampato sul libro dell’impegno e del fare, scritto senza remore in tutti questi anni di militanza. L’Ordine di Parma di certo sarà sempre a difesa dei comportamenti deontologicamente irreprensibili degli iscritti.

In tal senso non aiuta l’esercizio sempre più diffuso sui social dell’autoreferenza e della critica improduttiva, che anzi divide e sollecita gli animi ad atteggiamenti non sempre coerenti e soprattutto divisivi. Per tener su le carte della professione si ravvisa nella quotidianità la necessità scendere sul piano della coerenza e della realtà, soprattutto, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni.

Ma, anche e soprattutto, si ravvisa la necessità di una puntuale informativa all’Organismo di rappresentatività e tutela professionale, distinguendo gli aspetti della professione da quelli di stretta competenza sindacale. Con il mai domo desiderio e con l’auspicio che proprio i sindacati camminino con l’Ordine per tutti gli aspetti da cui possa nascere sinergia ed efficacia perché ne possano derivare soluzioni reali ai problemi.

Invertire l’adagio: continui esposti e segnalazioni dei cittadini

Crescono a dismisura le segnalazioni dei cittadini, di mancate cure, di ricusazioni e così via. Situazioni, queste, che sono non solo soggette all’applicazione semplicistica dell’ACN della medicina di famiglia, ma che hanno fondamento nel Codice deontologico che condiziona l’agire medico.

Una delle accuse che spesso, in vari ambienti, ci vengono mosse dai cittadini e dai loro avvocati, dagli ambienti giuridici fino a quello sociologico, è che il mondo medico si chiuda arroccandosi e così facendo progressivamente si arrivi a perdere la fiducia proprio del cittadino e del paziente. Argomenti e testimonianze sono tante in senso positivo e negativo ma la vertà è che il momento storico è tale da non dover sottovalutare certi aspetti: sempreché s’intenda rendere attiva la tutela personale e professionale.

L’uso disinvolto della cosiddetta telemedicina in era COVID-19

L’accusa, neanche tanto velata, che viene mossa in certi settori è come sia fin troppo disinvolto l’uso degli strumenti informatici, identificando una prassi di Telemedicina che comunque non è rispondente a quella che è la sua vera connotazione e funzione, troppo spesso considerata sostitutiva della prassi clinica e della visita medica, anche da certa non illuminata politica.

Fermo restando il sistema di interventi in ambito pandemico – quanto affermato a livello nazionale  (USCA e UMM) nasce, di fatto, come progetto “esportato” dalla nostra città – oggi occorre avere maggiore contezza sull’uso della telemedicina e degli strumenti informatici e di comunicazione. Tra le proposte della Consulta deontologica (coordinata proprio dal presidente Omceo Parma) c’è infatti anche modifica dell’art. 78 e degli allegati del CD, per escludere che si possa sostituire il rapporto fisico diretto col paziente. Usare la telemedicina non significa, infatti, non vistare il paziente. Modifiche già portate all’attenzione del Consiglio Nazionale Fnomceo.

Un’opportuna riflessione

È indispensabile ci si convinca che non esistono diverse categorie all’interno della professione, ma solo differenze lavorative che non possono e devono influire sul fatto che esiste una sola categoria: quella medica. L’Istituzione Ordinistica ha la responsabilità che ogni medico sia in grado di esserlo e si dibatte su una visione duplice: come Ente morale e professionale, custode della deontologia applicata, e quello di Ente Pubblico e dello Stato, secondo la nuova Legge (L.3/18), a garanzia di tutela della professione e della salute collettiva. Tutti gli altri aspetti professionali, sotto l’egida del contratto di lavoro di dipendenza o di convenzione, come pure nella libera professione nei settori pubblici o privati, sono di competenze e responsabilità datoriale.

Ovvero, delle Organizzazioni lavorative con cui si è in rapporto di lavoro a partire dalla Regione e, dunque, dallo Stato, cui si sollecita la difesa dei propri collaboratori.

Una presenza costante e qualificata

È evidente come sia a prevalere una visione unitaria in ambito medico e di responsabilità datoriale delle Aziende e della Regione che deve tutelare nei fatti e nell’organizzazione gli attori della salute.

Dalla consapevolezza di un’unitarietà dei medici, al di fuori di improprie differenziazioni, si potrà invertire quella rotta che vede nella critica di alcuni delle peculiari fasi di assistenza un modo per denigrare l’intera categoria medica coesa. Ma il primo atto è agire in modo ineccepibile e nel rispetto delle regole e dei principi della professione medica.

E in tutto ciò, a ben vedere, si evitano inutili critiche che un comportamento chiaro e coerente limita e allontana.

I tempi sono cambiati, la società è sempre più esigente verso chi dispensa e tutela della salute; crescono le rivendicazioni verso i medici in un contenzioso tutt’altro che sopito: per cui è opportuno che l’intera categoria medica applichi i correttivi comportamentali nell’esercizio professionale che siano a testimonianza vera di concreta competenza, di disponibilità, umanità ed empatia quale testimonianza attiva di comportamenti irreprensibili e nel pieno rispetto dell’etica applicata all’arte medica, ovvero della deontologia.

Tutto ciò come esempio del fare il proprio dovere, lascando da parte polemiche e reattività che sono già gestite per propria parte da chi, come l’Ordine, ne sia preposto, facendolo senza clamori e mirando a prevenire e risolvere nelle altre sedi che non sono certo le pagine del quotidiano locale, disinnescando inutili quanto improduttive polemiche.

Da qui l’invito ad un rasserenamento sul piano dei rapporti incidendo sugli indicatori di malessere dei medici che, proprio in questa fase, si ha interesse a lenire con lo smorzare i toni e pensare in modo unitario, tesi a dare consistenza alla necessaria riacquisizione di ruolo del medico fortemente messo in discussione da certa politica anche della nostra Regione. Che, appunto, sarà oggetto di attenta valutazione ed interventi mirati.

Pierantonio Muzzetto

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