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L’algoritmo comunicativo in medicina

La rivoluzione dell’informatica ha portato all’avvio di nuove professioni, così come è avvenuto nel corso dei secoli. Una globale trasformazione la sta determinando nella quotidianità l’IA. In un nuovo illuminismo tecno-umano, in cui che si è incuneato il verbo «artificiale» che segna l’evoluzione dell’Intelligenza, da decenni fino all’attuale sviluppo, prima in modo larvato e poco conosciuto e, oggi, manifesto. Uno dei problemi è la comunicazione di limiti ed estensioni dell’uso, liceità e sicurezza dei dati come delle risorse o degli effetti. La presenza «pesante» dell’algoritmica in tutti gli aspetti della vita sociale e in medicina costituisce un problema, come pure della sostituzione dell’uomo da parte della macchina pensante. In tutto ciò ci chiediamo: cambierà il medico e la medicina col medico, mutato in Cybermedico in una TECH-medicine? Da qui la soluzione nel governo dell’IA e poiché impera la comunicazione mutata per l’algoritmici cosa come e quando comunicare e, nell’insieme delle sfaccettature della relazione di cura, questa rimarrà duale o estesa, generalizzata? E in ambito di decisione clinica, saremo di fronte ad una scelta olocratica o ancora gerarchica, ma portata, con la dialogia, al consenso dopo una comunicazione compresa e accettata. Nell’auspicio che la mente dell’uomo sia artefice della mente virtuale, governando l’IA, questi potrà essere sempre in grado di delineare il vero dal falso e di decidere sempre e comunque, da umano qual’è, sulla salute dell’altro, umano.

 

L’avvento del “nuovo” in informatica riporta alla mente l’illuminismo nella scienza informatica con aspettative e scelte rivoluzionarie nella vita quotidiana, tracciando un’epoca che nasce nella seconda metà del secolo XXmo. Periodo fecondo ma con tante perplessità sullo sviluppo della ricerca e sulla gestione delle risultanze. Col presupposto di valutare la bontà delle scoperte e dell’evoluzione scientifica in base ai possibili, ipotizzati effetti. Nel senso del governo del nuovo da utilizzarsi per il bene collettivo. , che ha presupposto la definizione delle reti neurali virtuali, mimando i processi mentali dell’umano trasportati nel campo del virtuale e che ha visto fra i suoi interpreti studiosi come Geoffrey Hinton per gli studi avanzati con suoi collaboratori e di Dennis Hassabis con riferimento ad Alfa Fold di Deep Mind di cui è CEO, utilizzato per l’identificazione delle strutture proteiche, che dopo le avances scientifiche di Li Fei-Fei con ImageNet sul riconoscimento delle immagini. Esperienza che partono dai lavori iniziati nel secolo scorso e che hanno trovato iniziale soluzione all’inizio di questo con sorprendenti avances in tema di IA, con grandi prospettive e anche grandi preoccupazioni per l’utilizzo disinvolto delle scoperte fatte. A maggior ragione per il valore non solo delle potenzialità di esse, quanto per l’impegno profuso a realizzarle, con una prima valutazione delle immense risorse necessarie in termini di costi oggettivi di tipo energetico e in acqua, necessarie a mantenere attivo il sistema delle macchine utilizzate sempre più potenti nel calcolo. Nell’analisi dei costi oggettivi in termini non solo economici, si stanno valutando aspetti enunciati in quest’ultimo quinquennio delle ripercussioni oggettive sul piano sociale e lavorativo che, rispetto a quello indotto dalla industrializzazione del primo novecento, stanno comportando riduzioni drastiche dei posti di lavoro, pur con crescita di campi alternativi e/o complementari di sviluppo, ma che vanno a toccare anche settori piuttosto complessi e ultra specialistici, creduti finora immuni dal fenomeno. In ambito sanitario, l’accento viene posto su due aspetti fondamentali. Da un lato, La deregulation e l’ibridazione medica da IA: dalla caduta dei valori alla distorsione di ruoli e delle funzioni con ricadute sulla salute; dall’altro citando Weiser e Shoshana Zubov , quello della profilazione dell’IA: da “grande madre” a “Tata amabile”, orientante le scelte dei piccoli umani … computati e sorvegliati.
Comunicazione algortitmica in medicina
Comunicazione: cosa e come? La Carta di Ottawa (1986) riconosce le persone, maggiore risorsa e destinatari delle «attenzioni» per la salute; considera la salute e la sua tutela, diritto fondamentale e investimento sociale; pone i criteri del come fare tenendo conto del modo (metodo e qualità di vita) problema ecologico globale (anticipatorio della quality of life in Planetary Health). Coniugando: sicurezza, risultati e qualità in un passato ancora «prossimo e in divenire». Preliminarmente, nel parlare di comunicazione algoritmica si deve innanzitutto tenere presente cosa s’intenda e ancora se L’IA comunichi o serva per comunicare; ad ultimo se sia davvero utile e/o necessaria.
La prima risposta: Intelligenza e algoritmi sono i binari del convoglio della vita, guidata dalla mente umana, dunque governata. La seconda risposta è piuttosto una serie di ulteriori domande: ammesso che l’algoritmo sia ovunque nel mondo gestito delle macchine entrambe, algoritmo e macchine, contribuiscono alla comunicazione. Il futuro (pur prossimo) risponderà al quesito se agiscano distintamente o sincronicamente, come conseguenza diretta dell’apprendimento (machine learning) e dell’azione neuronale virtuale auto generante indicazioni e soluzioni (autoapprendimento). La terza risposta è, per certo verso, azzardata.
Da cui l’analisi dell’attinenza al valore morale (umano) secondo cui si concilia l’azione in senso dell’utilità collettiva qualora produca risposte positive, «pro bono», in senso etico, dunque valoriale, e con riverbero sociale come conseguenza di un bene oggettivo, portando ad un ulteriore ragionamento su relativo o oggettivo in un processo algoritmico e quanto di non casuale.
Trattandosi di comunicazione è evidente chiedersi quale possa essere la modalità con cui poterla esternare e, soprattutto, chi ne faccia parte. Rimanendo nella forma, che è poi sostanza, si parla di Linguaggio algoritmico, laddove per algoritmo s’intenda il sistema di programmazione, ovvero regole applicative che sono interpretabili e divengono eseguibili da un automa esecutore.
Nell’evoluzione delle cose si entra nel merito dei “Dati”, in questo caso sanitari relativi alla persona, che attraverso il consenso, sono custoditi o divengono, nella necessità e uso, l’oggetto della comunicazione in ambito di diagnosi e la cura e che, isolatamente considerati, «non sono, però, gli unici ad essere “utili e indispensabili» per arrivare a fare diagnosi e indicare la cura.
Essi infatti non possono scindersi, come ovvio, “dalla clinica”, dovendo considerarsi complementari del sospetto clinico e dell’obiettività rilevata applicando la semeiologia classica, clinica e strumentale, in cui ha ruolo non secondario, un secondo elemento correlato alla IA, ovvero la correlazione e la sintesi «algoritmica» dei dati e della vasta messe di lavori scientifici tematici e correlabili presenti in letteratura.
Facendo un parallelo con la comunicazione così come si articola in natura fra persone senzienti, ci si domanda se In tutto ciò ci sia spazio una comunicazione che entra in quella che ho definito, l’ulteriore realtà con cui ci si confronta nell’epoca delle macchine, la virrealtà. Una via di congiunzione tra il virtuale e il reale che si ritrova tangibile negli effetti, quale conseguenza poli fattoriale.
Il medico nella modernità dell’IA
A maggior ragione in caso in cui Il medico d’oggi vive il futuro “controllato” nella sua arcaica modernità, quale ossimoro di sintesi della medicina in un’evoluzione consequenziale senza tradire i presupposti di base; fonda la relazione col paziente sul comunicare compreso utilizzando gli strumenti tecnologici adattativi, come quelli correlati all’IA. E occorre considerare, soprattutto, come non solo da un punto di vista comunicativo non sia possibile scindere l’avanzamento scientifico dall’esperienza clinica, in cui gioca un ruolo primario il fattore tempo.
Ovvero, ogni atto inerente alla comunicazione classica con quella di derivazione tecnologica con tutti i metodi comunicativi sono gli elementi di buona cura del malato in senso umano ed etico7. In tutto ciò, il medico rimane «attore» primario (e non può non esserlo) nella relazione , usando l’IA per le sue caratteristiche, In quanto formato e formantesi in modo progressivo e qualificato al passo con la tecnologia evolventesi, conoscitore e fruitore dei sistemi avanzati in medicina, utilizzatore degli strumenti d’aggiornamento come pure nell’interpretazione dei dati nella prassi quotidiana. Infine, in quanto esperto, capendo il valore dell’algoritmo, su quanto necessita sul piano dell’efficacia di cura e degli esiti .
Così facendo potremmo comprendere il valore di algoritmo “dedicato alla comunicazione” come istruzione finalizzata di operazioni sequenziali all’espressione verbale umano compresa” passando dalla definizione odierna di comunicazione algoritmica come “linguaggio strutturato chiuso, privo di nuove espressioni o strutture di frasi, di per sé stesso complesso ”.
In ambito definitorio si potrebbe dire di registro di utilizzo in cui dallo strumento si passa alla valutazione finalistica e, da questa alla tipologia d’utilizzo, connotando i sistemi di uso dell’IA nell’algoritmica generativa, a quello della robotica assistiva e operativa (con espressività diagnostico terapeutica) suo utilizzo, o all’intera saggistica medica.
Andando nello specifico, L’AI sottostà alla programmazione e al «machine learning» (apprendimento automatico) in «autonomia» per elaborare i dati sanitari, fornire ai medici insight importanti, migliorare i risultati sanitari e le esperienze dei pazienti.
La comunicazione dei dati sanitari: dialogia e relazione
Da un punto di vista della comunicazione questo si verifica nella diffusione di dati relativi alla salute, dei risultati delle indagini e dei trattamenti, ma anche di scelte (da condividere) sull’iter clinico e di tutto ciò che serve a consolidare la relazione di cura.
Nella relazione fra medico e paziente la comunicazione si articolerà in modo dialogico definendosi sul piano del rapporto e della comprensione la Dialogia verbale e digitale intesa come L’atto del «comunicare dialogico, dunque compreso, è alla base della costruzione di una relazione» pur nel «machine learning» da cui si fa salvo il principio che “Non si può comunicare se non si è compreso il punto di vista dell’altro con cui si sta instaurando un rapporto comunicativo” .
In merito a ciò si può identificare in prassi una modalità comunicativa duale fra medico e paziente o anche collegiale, coinvolgendo in questo caso parenti e, comunque, portatori d’interesse familiari (Stakeholder), o altri a livello inter e multidisciplinare; utilizzando gli strumenti classici identificati, a seconda della modalità (mail- sms ed altre piattaforme). Come esempio calzante è quanto recentemente pubblicato in ambito pediatrico a questo riguardo , con cui si rilevano gli aspetti positivi dell’applicazione di indicazioni provenienti dalle piattaforme digitali, con sfruttamento positivo di quanto sia già a disposizione nella quotidianità.
La comunicazione rientra nella dimensione del compreso
Ogni forma comunicativa rientra nella dimensione del “compreso”, necessario per avere una sintesi fra mezzo comunicativo ed espressione clinica, valorizzando tanto la speculazione teorica sul tema clinico e il “contatto personalizzato, esternato vella visita e che trova proprio nella Dialogia conferma e testimonianza attiva. Al punto di considerare la comunicazione articolata e ampliata come consolidamento della e nella relazione che avviene soprattutto in ambito sanitario nelle due forme tipiche: duale e di sistema o di squadra (team). La prima nella relazione manutenuta nell’alleanza e nei rapporti relazionali e clinici fra medico e paziente; mentre la seconda contempla valori concordati e comuni, inserendo la comunicazione nell’intero sistema di cura in presenza di altre figure che sono complementari pur rivestendo un ruolo importante nell’atto finalistico e nei risultati.
Il discorso si amplifica ancor più, laddove si consideri come dal sapiens, prerogativa considerata fino a prova contraria tipica ed esclusiva ella specie umana e oggi allargata alla macchina sapiente, aprendo la visione di una evoluzione sempre più slegata dall’essere umano, verso quello che appare essere il sovraumano, ovvero, oltre i limiti della nostra intelligenza. Mimando un triplo salto di qualità del test di Turing che poneva i limiti del pensiero pensato l’espressione comportamentale come espressiva di sentimento tale da rendere indistinguibile la macchina “pensante” dall’umano e. ora, dopo Chat GPT e similari la valutazione dell’autonomia della rete neurale con indistinguibile grado di autonomia attiva un tale numero di connessioni con risultati indistinguibile dal pensiero umano e frutto di una “simpatia autonoma neuro virtuale”.
La domanda finale inerente alla collocazione del medico nel sistema comunicativo
Per dare una risposta plausibile occorrerebbe partire dalla valutazione della nuova IA, sempre più evoluta e potenziata rispetto ai prodromi larvali della seconda metà del secolo scorso, quando si è iniziato il percorso di valutazione degli sviluppi del concetto di rete neurale nell’ambito digitale, in mimesi umana. Non a torto si può dire che la “nuova IA” strutturata prende avvio dalle intuizioni di uno studioso con Yann LeCun (francese) nel 1988 cui segue il lavoro incessante di Geoffrey Hinton e del suo gruppo di ricerca che, nel 2012 (in Google), matura il sistema di ampliamento della rete neurale, che funge da “memoria associativa” dovuta ad un numero crescente fino a 60 milioni di parametri e 500.000 neuroni, consentendo in un meccanismo dinamico di apprendimento, l’associazione la valutazione e la sintesi dei dati crescenti processati. Con riferimento, per quanto riguarda il sistema della salute, ad esempio alla diagnostica per immagini, costituendo la cosiddetta Rete neurale Convolutiva con lavori di equipe di studiosi e con l’apporto delle esperienze e intuizioni dei due premi Nobel, Geoffrey Hinton e Dennis Hassabis .
La successiva espansione dell’autoapprendimento e la capacità autonoma di correlazione di dati mimando l’attività neuronale umana, ultra-potenziata (strapotere di Google-Deep Mind) ad opera di studiosi che approfondiscono i criteri di sviluppo e l’utilizzo dell’IA in medicina.
Quale evoluzione della ricerca può giustificare alcune avances in ambito di cura se non lo sviluppo della terapia digitale che utilizza la Chatbot di nuova generazione? In tal modo si auspica l’efficacia dell’intervento che con l’effetto di essere calibratore della spesa farmaceutica. Pur considerando che è improprio pensare che a seguito dell’indicazioni di notizie relative ai sintomi presentati del paziente chiunque, pur non medico, possa disporre di indicazioni terapeutiche atti a controllarli. Attivando un meccanismo di gestione autonoma con perdita di valori e di sicurezza nelle cure; un inqualificabile incentivo al “fai da te” che sfrutta il virtuale nel reale o che anche altri, non medici e di evidente incompetenza “facciano in sua vece”.
Da qui la negazione di una possibile visione favorevole di una legge, oggi in proposta giacente presso il nostro parlamento che, se non utilizzata come strumento in mani esperte, una simile evenienza comporterebbe una serie di rilievi di merito riguardo non solo l’appropriatezza, quanto gli esiti sul piano della salute e non solo delle risorse. Con ripercussioni e risvolti negativi a livello sociale e sanitario per la “possibile” deregulation.
La relazione e la decisione di salute
Così da convenire che nell’era digitale la relazione di cura non possa essere invalidata da un bypass di funzione medica e, dall’altro, dalla scomparsa di uno degli attori impegnati da un punto di vista clinico e sociale, quale è quello importante, qual’è il medico, non più attore primario nel governo del sistema mediato dall’IA che sia, pertanto, strumento e preziosa risorsa.
Perché in caso contrario si avrebbe la caduta dell’aspetto e della relazione di cura che da “umana” diverrebbe sempre più virtuale invece che fortificata una volta salvaguardata l’efficace interlocuzione fra persone, dando rilevante valore ontologico alla persona e alla sua dignità, in qualunque veste o condizione sia coinvolta, a maggior ragione nella precarietà di salute in cui si abbia garanzia della dualità fra medico e paziente.
Aspetto non desueto, o decadente, è voler mutare il rapporto umano fra persone ancor prima di instaurare una relazione di cura perché, se così fosse, ci troveremmo nella condizione di dover pensare ad un turbamento degli equilibri fra mondo virtuale e reale o fra essere umano e cibernetica, con conseguente inversione delle priorità e delle responsabilità nei processi di cura.
Così da pensare che, se il “dottore” rimane colui che riveste il ruolo di attore nella dualità col paziente, la triangolazione etica rapportuale che coinvolge la società, sia essa costituita dall’assieme (familiare o prettamente sociale), lascia inalterato il suo ruolo etico sul piano dei doveri e dei diritti, come pure, soprattutto, delle responsabilità.
Rapportandolo al tempo delle macchine e della possibile integrazione dei saperi, umani e cibernetici, con la funzione assunta di gestore e, dunque, di governo dell’IA, per tradizione e prassi avrà il compito di gestore delle decisioni in ambito di salute, ponendosi nella condizione di “graduare” gli ambiti di pertinenza e di responsabilità nell’uso dell’IA e dell’algoritmo, nell’ambito della scala di valori nell’attuale Virrealtà. In questo modo la prevalenza e il peso delle decisioni daranno il valore della funzione del dottore, dove nell’acronimo Doc AL, l’abbreviazione di dottore rimane quale sostantivo non un semplice attributo nella sua spersonalizzazione nell’algoritmo e nell’IA.
Le conclusioni,
Aprendo il ragionamento sul valore della decisionalità ed entrando, più specificamente nell’assegnazione naturale, dei compiti e delle priorità, appare evidente la reale consistenza nell’umano, in quell’aspetto prioritario del Sapiens che mutua le decisioni con l’altro sapiens, il paziente.
E quel medico, cui è assegnata la funzione nella relazione duale e anche una responsabilità anche sociale , lo fa sulla base del consenso, ovvero ricercando nella relazione la “comunanza di idee e la scelta” sulla base dell’oggettiva rappresentazione della condotta da seguire.
Condotta pur sempre calibrata nell’ottica di risultato in termini di salute; pur nell’evidenza di un’asimmetria fra saperi e di funzione, tra attori e coattori: tra medico e paziente nella relazione duale e tra medico paziente- operatori sanitari (di vario grado e funzione) nella relazione allargata.
Nella considerazione valoriale degli interlocutori e della preminenza, in ogni caso, del terminale ultimo o destinatario della prestazione/opera di salute: quel paziente con la sua fragilità indotta dalla malattia che, come “ricevente” rimane l’attore pur sempre attivo” non solo nella ricezione della prestazione che necessita di attenzioni come lo è anche chi viva nel solo timore d’essere ammalato.
Quando il non conoscere o il credere, a fronte di una informazione non qualificata attraverso i mezzi ordinari e “comuni” o dispositivi di massima diffusione culturale (Internet e correlazioni IA-indotti), che sono molto democratici e facilmente fruibili, con un’offerta di notizie indistinguibili sul piano del vero o del falso e il cui grado di compresa sicurezza è tutt’altro che elevata. Come pure, pur facendo salva un’adeguata e specifica competenza dovuta anche alla non semplice conoscenza della malattia e della sua evolutività, si forma una sorta di “contro pensiero”, vitale, d’esclusione e di protezione. esorcizzante il male e voluto non approfondimento di quanto sia necessario fare per conoscerla su sé stessi così da comprenderne fino in fondo l’entità del processo di cura e, soprattutto, dei risultati plausibili.
La difformità di posizione nel processo di cura dipende, infatti, dalle finora naturali differenze del sapiens “neuronale” e della supposta Machina sapiens “virtualneuronale” d’espressione algoritmica del pensiero strutturato e del pensiero, diremmo, logicizzato o reso “freddamente” logico.
In nuce, con concetto fisico del “calore” semmai lo possedesse il pensiero umanizzato, a decidere in tema di salute è ancora quel medico che non può essere sostituito dalla “sua sovrastruttura virtuale” anche laddove il virtuale (algoritmo con espressione negli strumenti IA correlati) possa sostituire per certo verso l’umano, ma nello sviluppo della scienza ne sarà la conseguenza strumentale, per quanto evoluta, finalistica per quanto meccanicistica lontano dal pensiero strutturato.
Ma la si considera come la sola conseguenza del meccanismo ipotizzato dalla mente umana e non il retaggio diretto della macchina sapientizzata, in ciò valutandone i presupposti ancor oggi validi dell’evoluzione etica della professione e dei costumi e d’influenza sul virtuale, in precedenza segnata dall’allegoria dell’uomo e della spina, col mettere e toglierne la funzione. Ma anche un’intromissione nella relazione “umana e umanizzata” laddove ci sia una sistematizzazione algoritmica della raccolta dei dati anamnestici e clinici con un software evoluto che sintetizzi in pochi secondi, un minuto, e tratti l’intera azione del medico riguarda la diagnosi, la terapia e la prognosi, lasciando da parte aspetti sociale, così da limitarne la valutazione completa e non certo favorire l’aspetto empatico e, appunto, sociale della relazione. Ciò porta, in una recente valutazione su NEIM a discettare sul valore proprio di questi aspetti che costituiscono i valori della professione medica e che potrebbero, così, andare perduti e, al contempo, variare i contenuti della cura.
Concludendo, sul piano delle competenze, dei ruoli e delle funzioni va considerato quanto si attribuisce all’antropologo Marino Niola in una chiosa sul sociologo francese Gérald Bronner : “la nostra sta diventando la democrazia della credulità. Perché dove la gerarchia dei saperi frana e il principio di autorevolezza si polverizza, spopolano le spiegazioni semplici e soprattutto mono causali di una realtà che è invece sempre più complessa e sfaccettata come quella contemporanea. Soluzioni consolatorie che ci danno la sensazione rassicurante di capirci qualcosa, di saperla lunga, di non farci infinocchiare dalle versioni ufficiali dei fatti” cui Niola in un trittico su Repubblica, conclude: “Altrimenti, come spiegare che la diagnosi di un medico valga quanto l’opinione di chi la giudica?”
A maggior ragione se, a sostituire il medico è un digital twin o un umanoide dall’algoritmo avanzatissimo, di ultima generazione e, magari, non ancora annunciata al mondo scientifico.

 

Pierantonio Muzzetto
Presidente OMCeO Parma

 

Allegato: La relazione scritta del Presidente con le note.

 

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